Questa mattina, alle ore 12, nella Sala del Concistoro, Giovanni Paolo II ha incontrato i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede
che è stata dedicata, in particolare, all’approfondimento delle conclusioni della Nuova Formula della Professione di Fede, pubblicata da questa Congregazione nel
1989, ed alla riflessione sui fondamenti della morale, alla luce dell’Enciclica “Veritatis splendor”.
A conclusione dei lavori, il Santo Padre ha rivolto ai partecipanti alla Plenaria un discorso che riportiamo qui di seguito:
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. E’ motivo per me di grande gioia incontrarvi al termine della vostra Congregazione Plenaria. Ho così modo di manifestarvi i sentimenti di profonda riconoscenza e di vivo apprezzamento per il lavoro che il vostro Dicastero svolge al servizio del ministero di unità, in special modo affidato al Romano Pontefice, e che si esprime primariamente come unità di fede, sostenuta e costituita dal sacro deposito, di cui il Successore di Pietro è il primo custode e difensore (cfr Cost. ap. Pastor Bonus, 11).
Ringrazio il Signor Cardinale Joseph Ratzinger per le cordiali parole che mi ha rivolto anche a vostro nome e per l’esposizione dei temi che sono stati oggetto di esame nel corso della Plenaria. Essa è stata dedicata, in particolare, all’approfondimento delle categorie di verità menzionate nella conclusione della Nuova Formula della Professione di fede, pubblicata da codesta Congregazione nel 1989, ed alla riflessione sulla fondazione antropologica e cristologica della morale, alla luce dei principi confermati nell’Enciclica Veritatis splendor.
Desidero, altresì, esprimere il mio compiacimento per la positiva conclusione dell’opera di revisione del testo della “Agendi ratio in doctrinarum examine”, che costituisce uno strumento certamente valido al fine di offrire una sempre più adeguata strutturazione alla procedura d’esame degli scritti che appaiono contrari alla fede.
2. Vorrei ora brevemente soffermarmi sui principali argomenti discussi in questa vostra assise. L’approfondimento dell’ordine delle categorie di verità della dottrina cristiana, del tipo di assenso dovuto, delle formule per proporne l’adesione, è in continuità con il tema che è stato oggetto di considerazione nella precedente Plenaria: il valore e l’autorità degli insegnamenti del Magistero della Chiesa al servizio della verità della fede e a fondamento stabile della ricerca teologica.
In quella occasione, ho avuto modo di ricordare che «per una comunità che si fonda essenzialmente sull’adesione condivisa alla Parola di Dio e sulla conseguente certezza di vivere nella verità, l’autorità nella determinazione dei contenuti da credere e da professare è qualcosa a cui non si può rinunciare. Che l’autorità includa gradi diversi di insegnamento è detto chiaramente nei due recenti Documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede: la Professio fidei e l’Istruzione Donum
veritatis. Questa gerarchia di gradi dovrebbe essere considerata non un impedimento, ma uno stimolo per la teologia» (n 5, in: L?Osservatore Romano, 25 novembre 1995, p. 6).
La ripresa, con speciale attenzione, di questo tema contribuisce alla spiegazione più approfondita dei diversi gradi di adesione dei fedeli alle dottrine insegnate dal Magistero, perché il loro significato e la loro portata originari siano sempre recepiti e conservati in maniera integra. Nello stesso tempo aiuta a far sì che diventi sempre più chiara la connessione delle diverse verità della dottrina cattolica con il fondamento della fede cristiana.
Grazie pure all’elaborazione di una chiarificazione in tal senso, che ha visto in questi giorni impegnata la vostra Congregazione, i Vescovi, che ereditano dagli Apostoli il compito di “magistero e governo pastorale”, da esercitarsi sempre in comunione con il Romano Pontefice (cfr Lumen gentium, 22), potranno disporre in futuro di un ulteriore strumento al fine di conservare e promuovere il deposito della fede a favore dell’intero popolo di Dio.
3. Singolare rilievo, inoltre, è stato da voi riservato alle questioni morali, il cui orizzonte si dispiega lungo l’intero arco dell’esistenza dell’uomo.
A tale riguardo, già nella mia prima Lettera Enciclica Redemptor hominis ho affermato che “la Chiesa non può abbandonare l’uomo, la cui ?sorte’, cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo” (n. 14).
I gravosi problemi che, con sempre più incalzante urgenza, richiedono una risposta secondo la verità ed il bene, possono trovare una soluzione autentica solo se viene recuperato il fondamento antropologico e cristologico della vita morale cristiana. Infatti, il Figlio di Dio incarnato è la norma universale e concreta dell’agire cristiano: è “Lui stesso Legge vivente e personale, che invita alla sua sequela, dà mediante lo Spirito la grazia di condividere la sua stessa vita e il suo stesso amore e
offre l’energia per testimoniarlo nelle scelte e nelle opere (cfr Gv 13, 34-35)” (Veritatis splendor, 15). Ogni uomo, quindi, è per grazia reso partecipe della verità e del bene in Colui che è l’immagine del Dio invisibile (cfr Col 1, 15), e nell’adesione alla sua sequela è abilitato ad agire secondo la libertà di figlio.
Nel servizio che il vostro Dicastero offre al Successore di Pietro ed al Magistero della Chiesa, voi contribuite a far sì che la libertà rimanga sempre e solo nella verità’, aiutando la coscienza di tutti gli uomini e dei discepoli di Cristo in particolare a non deviare dalla via che conduce all’autentico bene dell’uomo.
Il bene della persona è di essere nella verità e di fare la verità nella carità. Questo legame essenziale di “verità-bene-libertà” sembra essere stato smarrito in larga parte dalla cultura contemporanea e, pertanto, ricondurre l’uomo a scoprirlo è oggi una delle esigenze proprie della missione della Chiesa, chiamata ad operare per la salvezza del mondo.
Impegnandovi a chiarire sempre meglio l’originaria fondazione antropologica e cristologica della vita morale, contribuirete certamente a promuovere la formazione della coscienza di tanti nostri fratelli, secondo quanto afferma il dettato del Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Dignitatis humanae: “I cristiani… nella formazione
della loro coscienza devono considerare diligentemente la dottrina sacra e certa della Chiesa. Infatti per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità, e il suo compito è di annunziare e di insegnare in modo autentico la verità che è Cristo, e nello stesso tempo di dichiarare e di confermare con la sua autorità i principi dell’ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana” (n. 14).
4. Mi è oggi particolarmente gradito concludere questo incontro con voi, ricordando Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, che ho avuto la gioia di proclamare solennemente Dottore della Chiesa, domenica scorsa.
La testimonianza e l’esempio di questa giovane Santa, Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa, aiutano a capire come vi sia una intima unità tra il compito dell’intelligenza e della comprensione della fede e quello propriamente missionario di annuncio del Vangelo della salvezza. La fede per se stessa vuole farsi comprensibile e accessibile a tutti. La missione cristiana tende, quindi, sempre a far conoscere la verità, e il vero amore per il prossimo si manifesta nella sua forma più compiuta e profonda quando vuole donare al prossimo ciò di cui l’uomo ha più radicalmente bisogno: la conoscenza della verità e la comunione con essa. E la
verità suprema è il mistero di Dio Uno e Trino definitivamente e insuperabilmente rivelato in Cristo. Quando l’anelito missionario rischia di inaridirsi, dipende soprattutto dalla perdita della passione e dell’amore per la verità, che la fede cristiana fa incontrare.
D’altra parte, la conoscenza della verità cristiana richiama intimamente ed esige interiormente l’amore a Colui al quale ha dato il proprio assenso. La teologia sapienziale di Santa Teresa di Gesù Bambino mostra la via maestra di ogni riflessione teologica e ricerca dottrinale: l’amore dal quale «dipendono la Legge e i Profeti» è amore che tende alla verità e in questo modo si conserva come autentico agape verso Dio e verso l’uomo. E’ importante per la teologia oggi recuperare la dimensione sapienziale, che integra l’aspetto intellettuale e scientifico con la santità della vita e l’esperienza contemplativa del Mistero cristiano. Così Santa Teresa di Lisieux, Dottore della Chiesa, con la sua sapiente riflessione alimentata dalle sorgenti della Sacra Scrittura e della divina Tradizione, pienamente fedele agli insegnamenti del Magistero, indica alla teologia odierna la strada da percorrere per raggiungere il cuore della fede cristiana.
Nel congratularmi con voi, carissimi Fratelli e Sorelle, per l’impegno e per il prezioso ministero che svolgete a servizio della Sede Apostolica e a favore della Chiesa intera, invoco su ciascuno la speciale protezione di Maria, Sede della Sapienza, e di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Vi accompagni anche la mia Benedizione, che imparto di cuore a tutti voi, in pegno di affetto e di gratitudine.