Uomo delle Beatitudini è stato l'”avvocato di Dio”
Una schiera di eroici testimoni ha difeso la “communio” della Chiesa
Il Servo di Dio Cardinale Alojzije Stepinac ha tenuto fisso il suo sguardo su Gesù, ha meditato Gesù, ha vissuto nella visione di Cristo e così sempre si è conformato a Cristo. Era trasformato in Cristo, lui stesso una immagine viva di Cristo sofferente con la corona di spine e con le ferite della sua passione.
Del Sermone della Montagna il Santo Padre, nell’Enciclica Veritatis Splendor, dice che è una specie di “autobiografia nascosta di Cristo”, perché in realtà è Cristo quel povero esemplare, che è nato nel “presepio” fuori città perché non c’era posto negli alberghi, che è morto nudo, privo di tutto, sulla croce. Cristo è stato odiato, espulso, perché ha annunciato l’amore di Dio per tutti. E così, meditando il Sermone, vediamo Cristo, ma possiamo anche così meglio capire il messaggio del Servo di Dio: il Cardinale Stepinac ci guida a Cristo e rende presente il suo messaggio. E Cristo ci fa vedere la profondità del cuore, le vere radici di questa vita. Vorrei attirare l’attenzione innanzitutto su questa parola di Gesù: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e respingeranno il vostro nome”.
Il Servo di Dio ha vissuto proprio questa espulsione dalla gloria degli uomini, ha vissuto la solitudine, la sofferenza. Il Cardinale Stepinac era un uomo di coscienza, che in nome della coscienza si oppose alle moltitudini dominanti. Era un uomo con la coscienza illuminata
dalla Parola di Cristo, un uomo con una coscienza formata dalla verità e tramite la coscienza è giunto alla verità il suo cammino ed è cammino della vera vita. Proprio perché uomo di coscienza, di coscienza cristiana, si oppose ai totalitarismi; ed è divenuto nel tempo della dittatura nazista difensore degli ebrei, degli ortodossi e di tutti i perseguitati, e poi nel tempo del comunismo fu l'”avvocato” dei suoi fedeli e dei suoi sacerdoti trucidati e perseguitati. È divenuto soprattutto l'”avvocato di Dio” su questa terra, ha difeso il diritto dell’uomo di vivere con Dio, ha difeso lo spazio di Dio su questa terra.
Il Cardinale Stepinac non ha fatto politica. Ha rispettato lo Stato quando e in quanto fu realmente Stato. Seguì la linea formulata da sant’Ambrogio, il quale dice: ho sempre prestato la deferenza voluta e corretta agli imperatori, ma le cose di Dio non sono cose mie, non sono cose dell’imperatore, sono cose di Dio e devo rispettare e difendere quanto è di Dio (cfr Lettera fuori coll. 10, 1.12). Dunque così ha fatto il Cardinale Stepinac: ha difeso le cose di Dio contro l’onnipotenza sbagliata e falsa dell’uomo, ha difeso i diritti di Dio e così i veri diritti dell’uomo, la vera immagine dell’uomo contro il totalitarismo che non riconosce il potere di Dio, non riconosce la presenza di Dio, i diritti di Dio nel mondo. Il Servo di Dio era un uomo di coscienza e perciò in tutta la sua ammirevole fermezza non è mai stato un uomo duro, non è mai divenuto amaro, ancora meno ha conosciuto l’odio, perché ha difeso la verità, perché la sua coscienza era immersa nel volto di Cristo, era formata da Cristo. Questa fermezza era nello stesso tempo amore degli uomini, amore anche per i suoi persecutori. L’altra parola sulla quale volevo attirare l’attenzione è la prima delle Beatitudini: “Beati voi poveri perché vostro è il Regno di Dio”.
Che cosa vuol dire “beati”? In che cosa consiste questa beatitudine? È ovvio che questa beatitudine non è la felicità terrestre nel senso banale del benessere, del successo, della carriera, dell’avere tutto, del poter far tutto. È proprio il contrario. Sotto questo profilo è vero quanto dice san Paolo: “Se non è risorto Cristo, se abbiamo solo questa vita e questo tempo, siamo i più miseri uomini del mondo”. E realmente il Servo di Dio ha vissuto e sofferto questa miseria della fede, questo essere escluso, questa solitudine. Ha sofferto la miseria, ma ha potuto sopportare questa miseria perché dietro la miseria ha scoperto la beatitudine vera. Dunque, in che cosa consiste questa beatitudine, questo essere beato? Non è una cosa di questo mondo, è una realtà di Dio, una realtà divina, una realtà in Dio per l’uomo, che si rivelerà in quest’uomo nel tempo suo, determinato da Dio. E, quindi, chi vuol vivere questa beatitudine, arrivare a questa beatitudine, non può rinchiudersi in se stesso, deve estendersi sopra se stesso, deve uscire da se stesso, deve vivere nella autotrascendenza, deve perdere se stesso nelle mani di Dio. E perdendo se stesso vive proprio nel luogo della vera beatitudine. Sappiamo come veramente il Servo di Dio ha vissuto questa autotrascendenza. Non ha considerato il suo episcopato, il suo essere sacerdote come una dignità, un onore.
Realmente si è perso in Dio e perdendosi ha trovato la vera vita. Perché proprio lasciando se stesso è divenuto libero. Libero nei riguardi dell’onore umano, libero di sopportare tutte queste offese, queste calunnie, libero di amare. Nella luce di questa vera beatitudine possiamo anche capire l’altra parola: “Guai a voi ricchi perché avete già la vostra consolazione”. Se è beato l’uomo che non vive per sé, ma vive quasi fuori di sé, vive verso Dio, si estende verso Dio, consegna se stesso nelle mani di Dio, il ricco è l’uomo che vuol avere tutto per se stesso, che vuol avere la vita, se stesso per se stesso, si chiude in se stesso, vuol avere successo in tutte le cose di questa terra. E proprio con questa ricchezza diventa povero, perché diventa povero della vera realtà, di Dio, e la sua vita è realmente come dice la Scrittura “come un tamerisco arido nella steppa, come pula che disperde il vento”, perché è vuoto.
Questa vita, questo “io solo” non è sufficiente perché è vuoto di verità, è vuoto di amore, se non conosce Dio. E di conseguenza questo “guai, avete già avuto la vostra consolazione”, non è, come potrebbe apparire, una vendetta esteriore. È solo una rivelazione di quanto succede se uno si chiude nella materia, nelle cose di questo tempo, se uno vuol avere se stesso per se stesso e vivere solo per se stesso. Agostino, interpretando il Salmo 1 dice: questo uomo benedetto dal profeta e dal salmo, è come un albero che ha le sue radici in alto, che ha le sue radici in cielo e cresce in cielo. Così appare perso sulla terra, sembra straniero sulla terra, ma in realtà ha le sue radici affondate nelle vere acque della vita.
Il Cardinale Stepinac veramente era un tale albero, che è cresciuto dall’alto, dalla comunione con Dio, e così sembrava essere quasi esposto, quasi estraneo alla terra e ha avuto realmente le radici dove sono le vere acque della vera vita. Siamo invitati dalla Scrittura a vedere le vere alternative: o vivere solo per questo tempo, solo per se stesso, essere apparentemente felici, o vivere con Dio, per Dio e così per gli altri. Non ci sono altre scelte. Alla fine c’è solo questa alternativa e il Servo di Dio ci mostra la vera strada della vita e ci invita anche a questa fortezza, a questo coraggio di essere in contrasto col mondo, se il mondo è in contrasto con la parola di Dio. Sapendo bene che alla fine vive ed è valida solo la parola divina, che è la vera realtà.
Quando nel 1934 il Servo di Dio fu eletto Arcivescovo coadiutore di Zagabria si spaventò. Conosceva bene la situazione difficile della Chiesa cattolica e dei fedeli cattolici nella sua terra, in questa Jugoslavia che dagli alleati, dopo la prima guerra mondiale, era stata costruita artificialmente da elementi contrastanti e con forte accento anticattolico.
Ma non conosceva soltanto questa difficoltà, questa minaccia, sapeva anche la forza delle ideologie totalitarie. In questa situazione non poteva considerare l’episcopato come una promozione nel senso umano, come un grado più alto di una carriera umana.
Sapeva che l’episcopato in quel momento era sacrificio, era perdersi, era lasciarsi cadere solo nelle mani di Dio. Ha espresso il programma del suo episcopato, della sua vita, nelle parole “In Te Domine speravi”: il suo motto episcopale. Coincide questo motto con la parola della Sacra Scrittura: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore, e il Signore è la sua fiducia”.
Si è abbandonato al Signore in tante sofferenze, si è abbandonato al Signore sapendo che nel Signore sono le acque della vera vita, la vera beatitudine. In tutte le difficoltà è rimasto l’uomo della speranza, perché uomo di fede e così uomo di carità, uomo del vero amore.
Il Cardinale Stepinac ci invita a questo coraggio, ci invita a mettere la nostra fiducia in Cristo, ad essere gli uomini della speranza. “In Te Domine speravi”: chi vive di questa parola sa che anche la conclusione del “Te Deum” vale, è vera: “Non confundar in aeternum”, non sarò mai confuso.
Card. JOSEPH RATZINGER
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede
© Osservatore Romano del 30-9-1998