IL CULTO LITURGICO DEI SANTI

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Card. Joseph Ratzinger, Prefazione al libro di Flavio Peloso, Santi e santità dopo il Concilio Vaticano II. Studio teologico-liturgico delle orazioni proprie dei nuovi Beati e Santi, [C.L.V. – Edizioni Liturgiche, Roma, 1991 (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae, 61), pp.272], p.5-6.

L’idea base della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II è stata quella di rendere nuovamente evidente il mistero pasquale quale centro di ogni celebrazione liturgica. La domenica come sempre nuova attualizzazione dell’evento pasquale nel ritmo del tempo, come giorno offerto dal Signore stesso per l’incontro con lui nel sacramento del suo corpo e del suo sangue, è stata quindi di nuovo collocata in primo piano, quale elemento fondamentale nella struttura dell’anno liturgico. Una liturgia pasquale è nello stesso tempo anche una liturgia concepita trinitariamente. Infatti quando il Signore crocifisso e risorto diventa lo spazio della nostra esistenza, allora la nostra vita viene trasferita, da tutte le sue finalità e necessità meramente creaturali, dentro il ritmo dell’amore trinitario; la liturgia mira quindi proprio a questo: che “Dio sia tutto in tutti” (cf. 1 Cor 15,28).



In riferimento a quest’orientamento del tutto cristologico e trinitario della liturgia, in alcuni potrebbe sorgere l’impressione che i santi abbiano ora perso di significato; sarebbero da considerare quasi come una deviazione dal centro autentico della celebrazione liturgica cristiana e quindi da relegare preferibilmente nel retroscena. Questo è però un completo fraintendimento del mistero cristologico e trinitario. In una simile concezione, infatti, Dio e l’uomo sono visti come concorrenti, che si contrappongono reciprocamente. Ma la santità significa invece proprio che, con tutta la propria esistenza, si è superato questo errore. Un santo è un uomo, che non blocca lo sguardo verso la luce di Dio con l’ombra del suo essere personale, ma che invece, attraverso la purificazione della sua esistenza, è diventato una specie di finestra che, da questo mondo, ci lascia vedere la luce di Dio. L’uomo raggiunge pertanto la sua più alta dignità e la sua autentica verità quando non vuol più essere un concorrente di Dio, ma una sua immagine fedele. I santi non ci allontanano da Cristo, ma ci conducono a lui; e noi abbiamo bisogno di loro perchè i nostri piedi sono troppo stanchi e i nostri occhi troppo deboli, perchè possiamo da soli riconoscere il fine ed essere capaci di percorrere la strada che vi conduce. I santi traducono la luce purissima di Dio, che noi non siamo capaci di sopportare, nella multiforme varietà dei colori della realtà terrena e ci permettono proprio così di riconoscere la ricchezza del mistero di Gesù Cristo. Essi sono il frutto, che si moltiplica sempre più, di quel chicco di grano, che per noi è caduto in terra ed è morto (Gv 12, 24).



E’ pertanto meritevole che Flavio Peloso, nella sua dissertazione, ci abbia reso accessibili le orazioni dei nuovi santi e beati proposti al culto nel dopo Concilio Vaticano II. Con ciò egli mostra innanzi tutto che anche in futuro ai santi, quali presenza permanente del mistero pasquale, spetta un posto insostituibile nella liturgia romana e che la processione dei santi, che vanno incontro al Signore che viene, è senza soluzione di continuità: con i santi cresce sempre continuamente anche la liturgia, nel suo protendersi verso Cristo. L’Autore mostra quindi come, nelle nuove preghiere del Messale, l’immagine della santità si esprima in forme sempre nuove eppure nell’imperturbabile continuità della fede e trovi forma liturgica. E’ affascinante vedere come nello sforzo per un’espressione adeguata di preghiera si sviluppi anche la comprensione dei santi e della santità e così essa diventi ultimamente sempre più centrata su Cristo. Le critiche e le osservazioni, avanzate dall’Autore nel suo stile preciso e sereno, potranno servire all’ulteriore approfondimento dello stile liturgico, ma anche alla maturazione della fede e della preghiera cristiane. A quest’opera accurata e preziosa auguro un’ampia diffusione.



Roma, Festa di San Marco 1991


Joseph Cardinal Ratzinger